Sono tante le cose di fronte a cui non posso restare indifferente. All’ingiustizia, alla malattia, a determinate regole, alla moda, a persone o certi tipi di lavoro… Nonostante tutto, con grande sforzo, riesco ad accettarli perché capisco (sarà una questione legata all’età) di non poter cambiare proprio tutto il mondo.
C’è sempre un ”ma”, e c’è anche in questa storia. Non posso abituarmi e, mi sembra, nemmeno accettare lo scorrere del tempo. Forse è stato per questo che in una descrizione per il portale sul quale pubblico, ho scritto di non credere ai calendari e alle ore. Perchè è così: non ci credo. Pur essendo atea, crederò prima ad una ”Forza” suprema, al Creatore, Dio o come lo si voglia chiamare, che al fatto che oggi siamo il giorno tal dei tali, di tal dei tali mese dell’anno 1987. Questi numeri non significano nulla per me, se non un punto di riferimento, o nel peggior dei casi, un promemoria sulla fugacità del tempo. Mi risulta difficile credere, forse non sono l’unica, che sia trascorso tanto e tanto tempo da un avvenimento bello o importante. Vale lo stesso per gli anniversari di fatti tristi. Che siano belle o brutte queste circostanze, nel mio caso sono sempre presenti, perché sono dura a mollare.
Quando ci tengo, quando il cuore spegne l’ultima contrazione di mente e ragione, io ”resto attaccata al momento”. Se è triste, piango, in caso contrario, rido, dipende dall’attimo.
È qui che nella mia vita iniziano i problemi. Perché non accetto che sia questo o quell’anno, questo o quel mese, finché non pretendi ancora un po’ di quello. Un pezzetto di quel dolce che mi faceva così felice. Ancora un attimo trascorso con quella compagnia o ancora un minuto a ballare.
La situazione non è così critica come sembra, ma spesso fantasticando, ”vago” col pensiero ed a differenza di molti lo faccio, indietro, al passato, invece che proiettata avanti al futuro. Sono consapevole che non sia la miglior decisione e, nella maggioranza dei casi, una perdita di tempo, ma per adesso va bene così. Probabilmente non è ancora giunto il momento di ”lasciar stare”. O è solo una buona scusa. 😉
Quando parliamo di fugacità del tempo, non posso non ricordare una frase di qualche giorno fa che recita:
”E così, sono giunto al suo 18.esimo compleanno, non sapendo di restare qui sino alla fine.”
Due vecchietti dei quali avevo già scritto, e lo farò ancora, stanno contando il considerevole numero di anni passati insieme. Come se fosse ieri ricordano il primo incontro alle elementari. Oggi può accadere che uno dei due non rammenti cosa abbia mangiato per colazione la mattina stessa, ma rimembra, però, il banco di scuola sul quale sedevano insieme, della prima volta al cinema, della casa di montagna in cui 50 anni fa trascorsero insieme la loro prima notte…
Ti ritrovi a passare tutta la vita con qualcuno e provi ancora la sensazione come se non fosse accaduto nulla, come se non fosse passato così tanto tempo. Un pugno di ricordi, un paio di fotoalbum, qualche litigata, 2-3 mutui da pagare e quindi capisci che la fine si sta avvicinando. Che è molto più vicina di quanto possa sembrare e che è impossibile evitarla. Ma non devi farlo. Devi solo accettare che il tempo è passato e abbracciare ciò che è stato e ciò che arriverà. Non posso cancellare dalla mia mente il far ”spallucce” del nonnetto al momento in cui diceva ”non sapendo che resterò qui fino alla fine”, perché so, immagino, che darebbe quanto di più caro al mondo per sedersi uno a fianco dell’altra in qualche panchina del Maksimir, per andare al cinema, dormire insieme nella stessa casa in montagna, soltanto che questo tempo trascorre via in modo stramaledettamente veloce.
Momenti, non date. Per sempre.
Abbraccio,
A.