Ho rinunciato. Per l’ennesima volta ho deciso di recedere dalle cose che
un tempo mi rendevano felice. A dire il vero, non sono cose, sono momenti, sensazioni, sorrisi, movimenti… Semplicemente mi sono detta che non mi andava più, di non „crederci“ fosse per me, perché la delusione era sempre puntuale.
Concretamente, penso all’amore ed alle relazioni, ma vi sono anche altre „cose“ che ogni tanto mi portano alla rinuncia, a lasciar perdere, come risultato uno stato di disperazione, notti insonni, pur avendo la coscienza pulita. Sono così. „Una sciocca ipersensibile ed emozionale“, come spesso amo definirmi.
Anzi, una prof. all’università aveva l’abitudine dirmi che mai e poi mai dovevo darmi della sciocca, perché spesso noi donne ci definiamo con ogni tipo di aggettivo denigratorio per cose anche piccole (come ad esempio, presentarsi all’esame senza libretto universitario), mentre in situazioni identiche o financo peggiori, nessun essere esemplare maschile si darebbe del cretino o dell’imbecille.
Non so se la prof. avesse ragione ma da quella volta mi sono detta X volte di essere stupida o scema, talora anche più volte al giorno, in base al numero e alla ‘qualità’ di „stronzate“ involontariamente commesse.
Più passano gli anni, più sono matura, ho imparato a riconoscere con maggior nitidezza i modelli comportamentali degli altri, compreso il mio. Lasciar perdere, rinunciare, può essere una buona cosa. Anche se molte persone conoscono quanto io sia cocciuta (fino a farmi del male) e di esser capace a far durare una storia più a lungo degli altri, il „ lasciar perder“ mi libera.
E a dir il vero, proprio questa rinuncia, mi porta, lo vedo e capisco adesso, a quello che desideravo o cercavo prima del „ lasciar perdere“.
Ogni volta in cui recedo da qualcosa, ad esempio da un lavoro che non mi soddisfa più, ne arriva uno migliore o generalmente accade qualcosa di più bello o soddisfacente. Ogni volta che penso di non avere voglia di fare una determinata cosa, di non voler intraprendere da sola un lungo viaggio esotico, accade che lo Spazio per chissà quale gioco siderale mette assieme le cose e alla fine ne esce che proprio ciò sia la cosa migliore per me. Quando penso che l’amor sia una „stronzata“ e che non esista più, perché sono sola, vado oltreoceano e guardo l’amore per più di due settimane.
Nelle ultime settimane ho respirato amore in ogni luogo. Per le strade dell’Avana e Trinidad, nel pullman composto da noi sconosciuti che abbiamo usato la stessa agenzia turistica per andare a Cuba, in Plaza de la Revolucion dove M ha chiesto in sposa B, con noi che facevamo finta di non sapere nulla, piangendo e asciugando le lacrime. Ho visto l’amore sui taxi, sulle spiagge, sulle facce, nei piatti…
Ho rinunciato all’amore e laggiù a Cuba mi ha preso a schiaffi per 15 giorni per 24 ore al giorno. Tutto intorno a me m’amava e io contraccambiavo…
Come se volesse dirmi quanto stupida sono stata, all’identico modo in cui so definirmi, e di non sapere nulla di nulla. Soprattutto quale diritto ho di rinunciare all’amore e forse averlo fatto era anche un bene perché la prossima volta l’ascolterò per davvero. L’ho fatto.
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Ho respirato amore in forme molteplici e ‘multicolori’, dal momento in cui aprivo gli occhi, mentre le donne di casa preparavano la colazione chiedendomi se avessi dormito bene, fino al tassista che balla mentre è al volante, e poi le insegnanti di ballo che trovi nelle piazze in città e che mi dicevano di come la vita vada vissuta e di come noi occidentali fossimo degli stolti perché ce la complicavamo. Questa volta non mi sono dovuta dare della scema, era più che evidente che lo fossi, Cuba e la loro gente me lo ha dimostrato in tantissimi modi.
È bastato poco, poi ho finito per cedere all’energia di Cuba (pur continuando a non amare la salsa), ad innamorarmi della loro disarmante semplicità lasciando che le mie stupidità volassero altrove fino a sparire del tutto. Ho rinunciato a complicarmi la vita a innervosirmi per cui avevo rinunciato all’amore e cos’è successo? È successo l’amore. Forte e genuino. Semplice e senza limiti.
Per chissà quale volta nella vita ho dovuto rinunciare a impazienza e frustrazioni per „abbracciare“ nel momento e nel ritmo giusto quel qualcosa a cui ambivo/aspiravo.Per ogni giorno ho osservato coppie meravigliose che stanno insieme da 25 o 35 anni come se fosse il loro primo giorno. Mi scioglievo come neve al sole. Ho abbracciato gente sconosciuta. Dato da mangiare ad animali abbandonati. Nei passaggi ho accarezzto piante e fiori. Ho lasciato che il mare mi abbracciasse e la sabbia che si infiltrasse dove voleva, uscirà…
Ho concesso a me stessa di non innervosirmi e a ballare al ritmo di questo Paradiso di semplicità, va bene anche al ritmo di salsa non importa come e quando. Ho rinunciato a pianificare e programmare le cose, ho lasciato accadere gli avvenimenti, farmi trasportare da loro, senza essere oberata, avvenimenti che non pensavo esistessero. Forse dovevo andare così lontano per capire come la vita sia semplice e che siamo noi a complicarcela al massimo. Qualcuno riesce a farcela magari senza muoversi dal proprio salotto, l’importante è arrivare a capirlo. A rinunciare a stupidaggini inutili, nevrosi, complicazioni, lascire più spazio alla semplicità.
Poi arrivano quelle cose belle che ti danno la carica non ti privano di essa. Appena appena allora accade l’amore di qualsiasi specie, perché ognuna è semplice.
Alla prossima, dimenticate le complicazioni e imparate a rinunciare.
Un abbraccio,
A.